Dalla pietra granitica alla doppia suola magica, tutti i trucchi per capire gli scacchi (sul ghiaccio)
La prima medaglia nella storia del curling italiano arriva con le Olimpiadi Invernali 2022 di Pechino, sotto il tetto del Centro Acquatico Nazionale, il palazzetto costruito per le gare di nuoto dei Giochi del 2008, le cui vasche olimpioniche sono state convertite in piste di ghiaccio. La finale disputata nel doppio misto tra Italia e Norvegia porta il tandem formato da Stefania Costantini e Amos Mosaner sul podio, accendendo i riflettori su una delle discipline sportive più affascinanti di tutto il torneo olimpico. Entrati nel corollario dei cinque cerchi nel 1988, gli scacchi del ghiaccio sono per tradizione il campo di gara prediletto dai team del grande Nord. La storia, del resto, ce lo conferma: presumibilmente inventato nella Scozia medievale, il curling si diffonde come passatempo all'aperto laddove il ghiaccio prende agilmente spazio e, di conseguenza, interessando soprattutto le regioni settentrionali, dove lo spessore necessario per giocare è garantito dalle basse temperature e dai rigidi inverni. Se il primo riferimento scritto proviene quindi dai registri dell'Abbazia di Paisley, nel Renfrewshire, databile al febbraio del 1541, il primo club di curling del mondo viene formalmente istituito nel 1716 a Kilsyth, con la realizzazione di uno stagno artificiale costruito a Colzium appositamente per i tornei del gioco tuonante.
Se a livello di spazio lo stretto indispensabile è, di base, uno specchio ghiacciato a circa -5 °C - per le competizioni ufficiali le dimensioni devono essere comprese tra i 45 e i 46 metri di lunghezza e corrispondere a 4,4 metri di larghezza -, fondamentali affinché le dispute siano avvincenti sono gli attrezzi del mestiere, oggetti stranissimi ai più che fanno pendere il curling a metà tra le bocce e il golf. Il pezzo forte che scende in campo, infatti, è un disco di pietra spessa, anche soprannominata semplicemente 'sasso', che attraverso una pratica maniglia a "U", che ricorda un po’ una pentola a pressione o un ferro da stiro, viene rilasciata a terra. L'intento è quello di entrare in una delle 'case', la serie di anelli concentrici ritratta sul ghiaccio che serve sia come aiuto visivo per prendere la mira, sia per giudicare quale stone sia più vicina al centro. Le geometrie granitiche (4 per atleta), in particolare, hanno un peso standardizzato di 19.96 chili ciascuna. Dove vengono prodotte? L'estrazione delle pietre avviene principalmente da decenni sull'isola scozzese di Ailsa Craig, lembo di terra abitato solo da uccelli marini che nel Cinquecento fu usato come rifugio dai cattolici in fuga dalle persecuzioni dei protestanti. Nel cuore della sua natura incontaminata, nel 2002, è stata registrata l'ultima raccolta, con il prelievo di 1.500 tonnellate di "Common Green" , variante meno pregiata che vanta però maggiore resistenza agli urti, e di 270 tonnellate di "Blue Hone", tipologia di granito che, assorbendo pochissimo l'acqua, facilita lo scivolamento del solido. Levigata la combinazione e dato forma a una specie di palla piatta di 28 centimetri di diametro, la pietra da curling, dopo ben cinque ore di lavorazione, è pronta per scivolare in pista.
Aperte le danze, l'altro accessorio immancabile è la scopa da curling, l'arnese utilizzato per spazzare la superficie del ghiaccio lungo il percorso della pietra e agevolare il movimento della stone. Fabbricate inizialmente in saggina e legno, oggi prodotte principalmente con trame sintetiche e vetroresina o fibra di carbonio, quelle che gli inglesi chiamano curling broom servono per eliminare quelle goccioline ghiacciate che, come briciole, si accumulano intorno alla pietra, tendono anche a farla curvare, e quindi rallentare. Impugnata saldamente con l'orecchio teso verso la voce dello skip che dà il comando e il ritmo, olio di gomito e via con lo sweeping. A tenere, infine, i giocatori con i piedi per terra ci pensano poi le scarpe da curling, calzature molto simili a quelle à la mode che nascondono, tuttavia, un risvolto segreto, quello delle due suole. Se lo scivolo è la suola progettata per il piede che appunto scivola, l'altra è studiata, al contrario, per generare aderenza e frenare ogni movimento non voluto. Toccare la pietra mentre avanza verso casa è motivo di infrazione. E allora sì, che la fatica sulla via della vittoria si riscopre tutta inutile.